20 Novembre
La fotografia del fiordo di Milford Sound è riportata su tutte le guide turistiche come simbolo della folgorante bellezza della natura neozelandese. A Te Anau, che è l'unica località in cui nel nostro continuo peregrinare abbiamo scelto di alloggiare per due giorni consecutivi, sta piovendo ed il tempo non promette nulla di buono, noi decidiamo comunque di partire di buonora per una gita giornaliera al famosissimo fiordo. La strada, al pari della meta finale, viene descritta come una perla ineguagliabile, ma le nuvole basse ci impediscono di apprezzarne nel modo che vorremmo le bellezze. Anche al fiordo piove e il suo fascino indubbiamente ne risente perché a causa della scarsa visibilità e della pioggia i colori sono più scialbi e uniformi. Siamo delusi, ma dopo qualche tentennamento decidiamo di imbarcarci su uno dei tanti giri turistici in piroscafo lungo il fiordo, scegliendo l'opzione della gita naturalistica, consapevoli che forse butteremo al vento tempo e denaro perché in quelle condizioni meteo non riusciremo a vedere quasi nulla.
Come succede spesso nella regione, il tempo, complice il forte vento, muta assai rapidamente ed il nostro azzardo viene premiato. Squarci di azzurro cominciano a fare breccia tra le nubi plumbee che, dissolvendosi, svelano le cime ancora in parte innevate delle montagne che circondano il fiordo, con le loro pareti ripidissime affacciate a strapiombo sul mare. Allora possiamo ammirare miriadi di cascate che da ogni dove precipitano con salti vertiginosi nelle acque dell'oceano, alberi fioriti fin sulla riva e poi anfratti, foche pigramente adagiate sugli scogli e pinguini dal ciuffo che, per quanto arranchino goffi sulla riva, una volta raggiunta l'acqua sfrecciano veloci come siluri. La selvaggeria più totale, quasi un piccolo angolo di Paradiso che il grande flusso turistico speriamo che col tempo non guasti.
Al ritorno sotto il sole riusciamo anche ad apprezzare i meravigliosi scenari che si incontrano lungo la strada per Milford e facciamo conoscenza con il Kea: l'unico pappagallo che viva in alta montagna. Si tratta di un uccello delle dimensioni all'incirca di una faraona, dal piumaggio verde oliva, ma con l'interno delle ali di un colore rosso aragosta, che è in grande confidenza con l'uomo e che si avvicina volentieri ai turisti, molti dei quali stupidamente lo alimentano, contravvenendo ai tanti cartelli di esortazione a non farlo. Spiace constatare come certa gente non si renda conto che, così facendo, rende dipendente dall'uomo un animale selvaggio che da sempre vive in questo territorio ed è in grado di procurarsi il cibo con i propri mezzi.
La cosa che mi colpisce di più è senza dubbio la foresta di faggi rossi, un posto da favola dove è facile perdersi a fantasticare. La foresta è unica e incantevole, ho girato tanto in montagna e visto tanti boschi, ma non avevo mai vista una cosa simile, mi sembra un enorme profiterol dove la cioccolata fusa è il muschio che, come un'enorme colata di cioccolata calda, invade e ricopre tutto il sottobosco e l'intera foresta, arrotondando le forme, smussando gli spigoli, colorando ogni cosa con delle sfumature di verde incredibili. Sarà la suggestione della fresca visione degli animali selvaggi nel fiordo, ma mi pare di scorgere nei ceppi, nei tronchi e nei rami caduti e ricoperti dal muschio, delle forme fantastiche di foche, pinguini, cigni, e perfino cavalieri con la spada sguainata pronti alla battaglia. Va beh... meglio riporre i sogni ed andare, il viaggio per tornare a Te Anau è ancora lungo... ma che sensazioni in quel bosco!
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